Università di Trieste: repressione contro gli studenti e il collettivo UP
In questi giorni tre studenti del <Gruppo studentesco Collettivo UP> sono stati oggetto di un procedimento disciplinare da parte dell’Università degli studi di Trieste.
I procedimenti promossi dal rettore dell’Università sono censurabili sotto diversi punti di vista.
L’arco temporale dei “reiterati comportamenti” contestati agli studenti è immotivatamente lungo (da novembre 2015 a maggio 2017). Questo rende, in alcuni casi, impossibile o eccessivamente difficile la difesa degli studenti per contrarietà al principio della tempestività della contestazione.
I comportamenti oggetto del procedimento conferiscono un aspetto surreale al procedimento.
Infatti il rettore contesta il “consumo di cibi e bevande dove ciò non è consentito”, l’“abbandono di immondizie”, lo “spostamento di arredi dell’ateneo”, l’uso “non autorizzato ed improprio” di impianti ed arredi (ad esempio: “prolunghe e ciabatte irregolarmente posizionate”), ”emissioni sonore non autorizzate”, l’”affissione abusiva di striscioni e manifesti in luoghi a ciò non deputati”, il “fumo in locali dove vige espressamente il divieto” e così via.
L’intero procedimento non è supportato da alcun elemento di prova oggettivo e verificabile da parte degli studenti.
È, pertanto, evidente che le ragioni del ricorso allo strumento della repressione sono di tipo politico e non vanno cercate fra prolunghe e ciabatte.
Esse sono adombrate in uno degli ultimi periodi scritti nella lettera di contestazione laddove è fatto riferimento allo “svolgimento di iniziative” che hanno “messo a rischio la reputazione e l’immagine dell’ateneo, che ha dovuto esprimere le proprie formali scuse ai rappresentanti dei soggetti fatti oggetto dell’iniziativa non autorizzata”.
L’ateneo sceglie di non dichiarare quale sia l’evento ovvero le iniziative, né esplicita quali sono i soggetti e i loro rappresentanti ai quali l’università ha espresso formali scuse.
In una parola, pare di trovarsi di fronte al “Processo” di F. Kafka nel quale il protagonista, Josef K., è accusato, arrestato e processato per motivi misteriosi.
USB constata che l’attuale gestione universitaria, nelle sue varie declinazioni, è inadeguata al confronto e al dibattito e preferisce lo strumento della repressione a quello del dialogo e dell’empatia.
L’Università è diventata uno spazio chiuso e sordo alla riflessioni dei giovani che la frequentano, nel quale la libera circolazione delle idee, ancorché argomentate, viene interpretata come lesa maestà e l’uso arbitrario del potere la regola.
Nello stabilimento Wartsila di Trieste, un dipendente è colpito da un provvedimento di trasferimento coatto verso la sede di Taranto al suo rientro in servizio dopo un periodo di distacco sindacale.
All’Università di Trieste, un gruppo di giovani che chiede di poter discutere pubblicamente su tematiche diverse e non si accontenta di studiare dai libri, è fatto oggetto di repressione questurina.
Quando la Costituzione sarà applicata all’interno delle fabbriche e delle strutture pubbliche?
In allegato pdf il comunicato di solidarietà da parte di USB a tutti gli studenti e al Collettivo UP in particolare.