Università di Trieste: madre in fin di vita ma negano permesso retribuito
Ulteriore dimostrazione di immotivato arbitrio e sopraffazione
USB riceve, da tempo, segnalazioni di “stravaganti” interpretazioni di chiare norme contrattuali.
Un articolo sul quale gli esegeti dell’ateneo stanno dimostrando il meglio di sé è quella dell’art. 30, II comma, del vigente CCNL.
La suddetta norma prevede:
“a domanda del dipendente possono inoltre essere concesse, nell’anno, 18 ore di permesso complessive, per nascita dei figli o per gravi motivi personali o familiari debitamente documentati mediante autocertificazione”.
La nota USB allegata al presente comunicato, con numero e data del protocollo, vi espone un caso emblematico, uno dei tanti, denso di certificati medici, dichiarazioni, osservazioni. Una madre gravemente malata, operata d’urgenza, sul finire della vita; la figlia, dipendente dell’Università di Trieste, che la necessità di assentarsi dal lavoro per alcune ore; eppure, carte, documentazione, certificati, bolli… anche più del necessario eppure all’ateneo non basta per riconoscere il diritto al permesso retribuito…
Una vergogna infinita e non giustificabile che tocca l’azione di vertici e responsabili ben inseriti nell’organigramma dell’ateneo.
La collega coinvolta ci ha formalmente autorizzato a diffondere la sua vicenda personale. Peraltro, ragioni di sensibilità nei suoi riguardi (una sensibilità ed una correttezza sconosciuta dall’attuale gestione), hanno consigliato di coprire il nominativo della dipendente.
Scrivete a usb@amm.units.it la vostra opinione al riguardo. In particolare, diteci se condividete le nostre conclusioni.
In fondo, là di fronte a noi, a bloccare la via “non ci sono altro che un po’ di anziani signori, stretti nei loro abiti talari, che hanno bisogno di essere trattati con un po’ di amichevole irriverenza e buttati giù come birilli” (J. M. Keynes).
p. il coordinamento di ateneo USB Pubblico Impiego – Università
Ferdinando ZEBOCHIN