L'insostenibile punto di vista di LegaCoop
Le motivate osservazioni di USB
Un semplice volantinaggio effettuato da USB Friuli Venezia Giulia (vedi la documentazione allegata al presente comunicato) sulla realtà della cooperazione sociale in occasione delle celebrazioni, a Trieste, dei 130 anni di Legacoop, organizzate da <Legacoopsociali>, ha suscitato il piccato intervento di Gian Luigi Bettoli, presidente di Lergacoopsociali del Friuli Venezia Giulia, nonché membro del comitato di direzione di Legacoop FVG e componente della sua direzione operativa.
Strana reazione all'iniziativa di una organizzazione sindacale che, a sentire il Bettoli, a fare il volantinaggio sarebbe in grado di mandare solo un “solitario esponente del sindacato” (in confidenza, gli attivisti sindacali che volantinavano erano due ma la questione è ben altra…).
Nonostante il tentativo di ridicolizzare il sindacato USB, è evidente che la sua sola presenza fa scattare l'istinto di difesa dei burocrati della cooperazione (non vogliamo definirli organizzatori dello sfruttamento del lavoro).
Non possiamo che prenderlo come un riconoscimento implicito per una organizzazione sindacale che nella cooperazione sociale nazionale è radicata da decenni.
Vogliamo subito notare che Bettoli non affronta nessuna delle tematiche sviluppate nel volantino distribuito, ma tenta di “buttarla sul personale” e si limita a una ricostruzione più o meno storica della vicenda della cooperazione e a qualche considerazione estemporanea che vorrebbe essere velenosa.
Nel confermare quanto argomentato nel volantino sindacale, ribadiamo che:
Le mutue prima, e poi le cooperative, possono anche essere nate dal “dal bisogno di fornire, in modo autogestito, i più elementari servizi sociali, previdenziali, assicurativi e, con la nascita delle coop, occasioni di lavoro, credito e di approvvigionamento di beni di qualità a basso costo”.
Si trattava di una soluzione transitoria, dettata dall'assenza di qualsiasi intervento in materia, tuttavia in seguito le organizzazioni dei lavoratori – come racconta anche Bettoli - si sono battute con successo perché servizi sociali, previdenziali e assicurativi diventassero pubblici. Oggi accade esattamente il contrario:
da un lato la Lega delle cooperative, divenuta organizzazione puramente datoriale, non svolge a dovere neanche il proprio compito di vigilanza – e il fallimento di CoopCa (e non solo) è esemplare nell'indicare l'impraticabilità di tale sistema;
da un altro lato, ogni organizzazione sindacale “tradizionale” (ma noi preferiamo definirle complici) ha il proprio circuito di cooperative, che assicurano ben remunerati posti da dirigenti ai loro funzionari che prosperano sulla privatizzazione dei servizi (con modalità che “Mafia Capitale” ha fatto emergere in modo emblematico).
Oggi USB rivendica esattamente quello per cui è occorso tanto sangue e lotte e che i sindacati complici hanno svenduto senza esitare:
la <reinternalizzazione> dei servizi con l'assunzione nel pubblico del personale impiegato. Perché, tra l'altro, la cessione in appalto dei servizi significa spese maggiori e servizi peggiori, dato che bisogna far fronte al proliferare delle dirigenze tagliando i compensi a chi opera concretamente sul campo.
Scrivere che il lavoro nelle cooperative “è pur sempre una forma di lavoro regolare, spesso migliore della media dei settori contrattualizzati, e certamente meglio di quelli precari” significa che non si conosce la realtà (ma dubitiamo che un importante membro della dirigenza di Legacoop in FVG sia all'oscuro della realtà vera), oppure è una presa in giro.
Perché la precarizzazione è stata avviata anche con la cessione in appalto dei servizi pubblici, che ad ogni scadenza di appalto vede i lavoratori sotto l'incubo del peggioramenti delle condizioni contrattuali (oggi sanciti dal Decreto delegato 22/2015 o “Jobs Act”, ieri dal cosiddetto “Pacchetto Treu” e dalle continue controriforme del diritto del lavoro avviate dal sinistra-centro-destra) oppure minacciati della perdita pura e semplice del lavoro.
Di fatto oggi i lavoratori delle cooperative, a parte una ristretta “casta” di privilegiati, sono il paradigma della precarietà visto che, fin da ben prima del Jobs Act, era sufficiente esercitare il diritto di critica per essere esclusi da soci e quindi licenziati senza alcun problema di art. 18.
Quanto alle “tre gambe” del movimento dei lavoratori, a nostro avviso oggi la Legacoop la vediamo più come uno dei “tre bastoni” - assieme a PD e C.G.I.L. - usati come arma contundente contro i lavoratori. Non crediamo sia un caso che un suo ex dirigente apicale, frequentatore di alcuni personaggi alquanto “chiacchierati” per stravaganti opacità riconducibili al fenomeno della cosiddetta “Mafia Capitale”, sia diventato Ministro del Lavoro e possa “vantare” grossi successi – certificati dall'INPS – nell'incremento della disoccupazione e del lavoro a voucher.
Per quel che riguarda lo sciopero generale indetto da USB (assieme ad altre organizzazioni sindacali) terremo nel dovuto conto la citazione riportata da Bettoli. Sinceramente però non ci siamo accorti di questa gran inflazione di scioperi generali. Le pesanti scorrettezze (per usare un eufemismo) del governo nei confronti del nostro sciopero generale ci rafforzano però nella convinzione che, al di là degli sfottò, l'iniziativa promossa da una realtà in crescita come USB preoccupa più di qualcuno.
Quanto all'insurrezione …. ci stiamo attrezzando.