La tempesta in arrivo (non solo nelle università)
il nuovo patto di stabilità europeo e lo Stato Sociale fatto a pezzi
Da alcuni anni i salari dei lavoratori dipendenti hanno beneficiato di alcuni vantaggi fiscali e contributivi introdotto allo scopo di aumentare il netto in busta paga, fermo restando l’importo della retribuzione lorda.
Il nostro salario lordo, infatti, tenuto conto dell’inflazione, non è aumentato, anzi è diminuito in termini di potere d’acquisito, dai primi anni ’90 ad oggi.
Così come non aumenta realmente la retribuzione pensionabile su cui sarà calcolata la nostra pensione, né il salario utile per il calcolo del TFR.
I CCNL – Contratti collettivi nazionali di lavoro non hanno determinato alcun concreto aumento; le poche decine di euro di aumento, ancor prima di essere erogate, sono state completamente erose dall’inflazione e dall’aumento generalizzato di tutti i generi di prima necessità, dai costi delle locazioni, dei mutui, dalla spesa energetica a carico di ogni famiglia e così via. Per non parlare del tanto decantato “welfare di ateneo”, finanziato attraverso una corrispondente riduzione del salario accessorio, cioè a carico degli stessi lavoratori!
In più, prosegue da decenni una progressiva privatizzazione di significative parti dello Stato Sociale con il conseguente aumento di costi a carico dei lavoratori e famiglie.
Sanità pubblica, sempre meno universale e pubblica e sempre più privata a favore di grandi gruppi societari (case di cura, compagnie assicurative, conglomerati farmaceutici, istituti privati finanziati dallo Stato), mancanza oramai cronica di medici di famiglia e pediatri, scarsa prevenzione, anche in ambito prenatale. Ulteriori tagli alla sanità sono stati determinati dalle minori entrate derivanti dai diversi vantaggi fiscali distribuiti negli ultimi anni senza una vera ed organica riforma del fisco in senso progressivo ed universalistico;
Istruzione pubblica, dequalificata e depotenziata, con scuole dell’infanzia in numero inferiore alle richieste, pochi investimenti in qualità della didattica, mancanza d’insegnanti di sostegno, pochi aiuti alle famiglie in difficoltà, scuola intesa come luogo di selezione, in funzione della competizione economica, e non di formazione di futuri cittadini e cittadine consapevoli;
Ricerca scientifica, sempre più marcatamente orientata alle esigenze dell’economia e dei gruppi di potere industriale. Basta pensare alle imprese di spin off universitarie ed accademiche finanziate con denari pubblici, considerate prova di merito dell’ateneo, dell’istituto di ricerca e del singolo ricercatore e/o professore. Scarso interesse per la ricerca scientifica di base, da sempre sotto finanziata perché reputata non produttiva di effetti immediatamente spendibili per l’economia. Poco interesse per una didattica di qualità in favore di un insegnamento universitario al servizio dei superiori interessi economici e\o dei singoli gruppi di potere accademico;
Pensioni pubbliche, già colpite da pesanti controriforme (in primo luogo con l’introduzione del sistema di calcolo contributivo), i soliti spingitori ne promuovono l’ulteriore privatizzazione attraverso la regola del silenzio-assenso con il quale tolgono il TFR, salario differito, dal controllo dei lavoratori per darlo ai fondi pensione e al risparmio gestito, vero buco nero che inghiotte ingenti risorse a favore dei soliti noti. Ulteriori tagli decisi per far fronte alle minori entrate determinate anche dalle diverse decontribuzioni avviate nel corso degli anni.
Edilizia residenziale pubblica… su questo fronte basta pensare ai tanti giovani che pur lavorando non riescono a sostenere il peso di un contratto di locazione ovvero di un mutuo. La bolla del turismo in una città come Trieste determina l’aumento del numero degli immobili adibiti a locazioni brevi e brevissime, nonché l’aumento dei canoni di quelli ancora destinati a contratti pluriennali. A maggior ragione oggi, è indispensabile un piano pubblico straordinario volto alla messa a disposizione di alloggi per le tante famiglie che non possono permetterselo.
L’elenco potrebbe continuare…
A questo punto vale la pena fermarsi un attimo e chiedersi cosa accadrà con le nuove regole del Patto di stabilità europeo che il governo in carica ha avallato giovedì 21 dicembre ’23: le metodologie di calcolo sui conti pubblici sono le stesse che hanno imposto austerità all’Europa per oltre dieci anni.
La faccenda è tutta qui: se va molto bene, l’Italia dovrà contrarre il suo bilancio di 3,2 punti di PIL in sette anni, che in soldi – ai prezzi correnti – fa 12 miliardi e mezzo all’anno di media, questo se la crescita e l’inflazione saranno quelle previste… e questa volta le procedure correttive sono state rafforzate e rese semi-automatiche (Fonte: “Il Fatto Quotidiano” edizione cartacea del 22/12/2023, pag. 4 e 5)
Ci troveremo con un salario più basso e uno Stato Sociale oramai a pezzi.
Capiremo allora che per alzare i salari, l’unica via è alzare i salari (iniziando con l’introduzione del salario minimo legale, come da proposta di legge popolare promossa, fra gli altri, anche da USB).
L’altra concomitante via è tutelare ed ampliare lo <Stato Sociale>, anche introducendo una vera riforma fiscale che elimini i trattamenti privilegiati, variamente declinati (detrazioni, cedolari, deduzioni, esenzioni, tassazioni agevolate e così via), oggi previsti per una miriade di casi (colpendo rendite, attività finanziarie, profitti e tutelando il lavoro dipendente).
Trieste, 31 dicembre 2023
Firmato:
USB Unione Sindacale di Base – coordinamento università di Trieste (usb@amm.units.it)
(coordinatore di ateneo: Ferdinando Zebochin)