Il “welfare” di ateneo : una storia tutta italiana

A proposito del cosiddetto “welfare di ateneo”, alias metadone di Stato

Trieste -

L’università di Trieste ha verbalmente comunicato un buco nel budget destinato al cosiddetto “welfare di ateneo” di almeno 30.000,00 euro, derubricato successivamente a una “insufficienza di risorse per soddisfare tutte le domande”.

Quale che sia la sua esatta denominazione, è certo che negli ultimi tre anni una discutibile gestione del “welfare” ha portato a dilapidare risorse significative, distribuite senza tener conto della <capacità contributiva> (reddito) di ciascun dipendente richiedente.

Il regolamento di ateneo, art. 7, prevede che il contributo è calcolato nella misura del 100% della spesa riconosciuta per importi di ISEE fino a 15.000,00 euro e detto rimborso decresce progressivamente a mano a mano che il reddito ISEE del dipendente aumenta, fino a diventare zero per ISEE pari o superiori a 37.000,00 euro.

In questo ateneo è accaduto che ai dipendenti sia stato dato il 100% della spesa richiesta senza tener conto del reddito ISEE e, quindi, senza decurtarne il rimborso. Il rimborso dato in più a quei dipendenti significa un corrispondente taglio del salario accessorio per il resto del personale universitario.

Tutti, a prescindere dalla loro capacità contributiva (al riguardo leggete l’art. 53 della Costituzione) hanno avuto il rimborso del 100% e questa stravagante interpretazione è alla base del suddetto buco ovvero “insufficienza di risorse” che invece avrebbero potuto essere impiegate a favore di tutto il personale.

A questo punto, l’ateneo presenta il conto al personale contrattualizzato TA in base ad una norma del CCNL – Contratto collettivo nazionale di lavoro che prevede il recupero sul salario accessorio del personale TA di ogni spesa aggiuntiva sul welfare di ateneo (vedi il CCNL 2016/18, art. 67, comma 2).

Si tratta del welfare all’italiana: ogni euro che metto sul welfare viene pagato tramite uguale trattenuta sul salario di tutti i lavoratori (compresi quelli che non hanno chiesto alcun rimborso).

In pratica si tratta di vasi comunicanti.

In questo modo, ad esempio, tutto il personale concorre a pagare gli infissi di pregio oppure la porta blindata di alcuni e così via.

Sarebbe segno di concreta trasparenza rendere di pubblico dominio l’elenco completo delle spese rimborsate con i soldi di tutti.

In buona sostanza, quello che accade da alcuni anni, tanto nel pubblico quanto nel privato, è la preferenza dei datori di lavori verso il welfare aziendale\di ateneo perché a loro costa meno degli aumenti salariali veri e per tutti.

Si tratta di un vero e proprio metadone di Stato.

Ad esempio, di fronte alla sanità pubblica deliberatamente distrutta anno dopo anno, attraverso il taglio delle risorse e l’aziendalizzazione della sua organizzazione, al cittadino lavoratore si dice: che ti importa! Ti diamo il welfare aziendale\di ateneo! Chiedi il sussidio/rimborso!

Resta da vedere cosa ne faremo di tali sussidi\rimborsi quando uno di noi e dei nostri familiari dovesse aver bisogno di essere velocemente operato di appendicite e ci faranno attendere una sala operatoria libera oppure quando per un trattamento oncologico mi diranno di pazientare, di attendere oppure dovessimo aver bisogno di sostegno vero per un familiare disabile…

Il welfare aziendale\di ateneo serve tanto allo Stato quanto ai datori di lavoro per tacitare lavoratori e famiglie, per blandirli, per alzare una cortina fumogena che impedisce di comprendere che l’unico modo di alzare i salari è alzare i salari e che il solo <Stato Sociale> indispensabile è quello che ha consentito a questo Paese di uscire dalle macerie, materiali e umane, del secondo conflitto mondiale ed è ancora oggi rappresentato da servizi pubblici universali, efficienti, diffusi e adeguati su tutto il territorio nazionale.

Quindi una adeguata sanità pubblica, istruzione pubblica, previdenza pubblica, assistenza sociale pubblica e così via.

Nessuno di salverà da solo, nessun lavoratore si salverà con il welfare aziendale\di ateneo.

Dal punto di vista USB possiamo solo difenderci tutti e tutte insieme oppure scivolare ancora più in basso.

Per questo abbiamo formalmente chiesto di acquisire diversi dati sul come e sul quanto è stato distribuito sotto forma di welfare di ateneo (personale TA, cel-lettori, professori, ricercatori, dirigenti) negli ultimi anni e abbiamo presentato formali proposte e chiesto un incontro urgente sul tema.

L’ateneo vorrà confrontarsi anche con noi?

USB – Unione Sindacale di Base Pubblico Impiego

Università degli studi di Trieste

coord. di ateneo: Ferdinando ZEBOCHIN