Trieste: riuscito il confronto aperto con i lavoratori pubblici

L’assemblea aperta a tutto il personale interessato risponde all’esigenza di una informazione sindacale critica e vicina alla base del mondo del lavoro pubblico

Trieste -

Un’aula magna gremita è quella che ha visto lo svolgimento dell’assemblea organizzata dal Coordinamento regionale dell’Unione sindacale di base lo scorso venerdì 1° dicembre ’17, con la partecipazione delle delegate nazionali Licia PERA e Daniela MENCARELLI.

Nella sede universitaria dell’ex Scuola di lingue moderne si è svolto, ad un tempo, un’assemblea sindacale, un dibattito ed un confronto con e fra lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego che ha preso le mosse dal rinnovo del CCNL – Contratto collettivo nazionale di lavoro.

L’esigenza, sin dalle prime battute, è stata la promozione di alcune chiavi di lettura alternative rispetto alla narrazione dominante in grado di smascherare stereotipi e luoghi comuni che, diffusi dai mezzi di comunicazione sociali, alimentano la fabbrica del consenso: pubblici dipendenti tutti ladri, furfanti, furbetti, incompetenti, quando non un vero e proprio freno alla crescita dell’economia.

Ecco, pertanto, articolata in termini economici e normativi, l’emergenza salariale. L’aumento degli 85,00 euro, strombazzato da alcuni come fosse un grande risultato, vengono svelati per quello che sono realmente: un aumento lordo (da togliere contributi pensionistici, previdenziali e imposte), medio (alcuni prenderanno di più, altri di meno) che, ben che vada, dovrebbe andare a regime alla fine del 2018 e che saranno coperti da quanto stanziato nelle leggi di bilancio per il 2016 (300 milioni di euro circa), per il 2017 (900 milioni circa) e per il 2018.

Svelato anche il nuovo strumento per il calcolo dell’inflazione, vale a dire l’IPCA – indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europea, che per la sua parzialità (ad esempio, non comprende il costo del carburante che pure tante ricadute ha sul vero costo della vita sopportato dai lavoratori e dalle loro famiglie) e discutibilità (mette assieme Paese molto diversi da loro), rappresenta un ulteriore forma di repressione salariale.

Stigmatizzato come marchetta elettorale anche l’affannosa corsa alla conclusione della tornata contrattuale, alla quale si prestano alcune ben note organizzazioni sindacali, sempre prodighe di sorrisi in direzione di telecamere e Governi di turno. Una corsa che vedrà la stretta sull’intero apparato normativo contrattuale ad iniziare dai permessi previsti dalla legge 104/92.

Non a caso, il confronto con i lavoratori si è sviluppato partendo da un’ampia riflessione sulle condizioni dello Stato Sociale (in particolare, sanità, istruzione, pensioni, assistenza sociale) e di come vi sia la precisa volontà di affondare – uno ad uno – tutti i caposaldi a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori di derivazione costituzionale. È il segno di una battaglia di classe che - dopo lo STOP alla controriforma costituzionale di dicembre 2016 - prosegue ancora oggi attraverso il Job Act, i contratti collettivi, l’attacco al diritto di sciopero, al diritto di assemblea, la previdenza integrative, le polizze sanitarie integrative e così via.

Per questo motivo è, e sarà sempre più necessaria, una rinnovata partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori, del pubblico impiego e di quello privato, per difendere le conquiste di civiltà di ieri e per la ripresa degli spazi di agibilità democratica in tutti i luoghi di lavoro.